Rock News
19/11/2024
È uno dei momenti più assurdi nella storia del rock: 20 novembre 1973, prima data del tour americano dei The Who al Cow Palace di Daly City in California. La band di Roger Daltrey, John Entwhistle, Pete Townshend e Keith Moon arriva in America per lanciare Quadrophenia, il loro secondo concept album che racconta la storia dei Mod inglesi, un disco complesso, difficile da riprodurre dal vivo. Pete Townshend voleva aggiungere un tastierista alla formazione della band, Chris Stainton, ma Roger Daltrey si oppone. Decidono di usare per la prima volta dei nastri preregistrati (come hanno già fatto nelle versioni dal vivo di Baba O’Riley e Won’t Get Fooled Again) ma le prove del tour inglese durano solo due giorni perché Pete e Roger litigano furiosamente, si dice che Daltrey abbia anche colpito Townshend con un pugno.
La struttura messa in piedi dai The Who non funziona alla perfezione: durante un concerto a Newcastle il nastro registrato entra in ritardo sull’attacco del pezzo 5:15, Pete Townshend perde il controllo e aggredisce il tecnico del suono Bob Pridden, butta i nastri sul palco, prende a calci gli amplificatori e se ne va, lasciando la band da sola per venti minuti.
Per questo, quando arrivano negli Stati Uniti per la prima data del tour, gli Who sono nervosi, soprattutto Keith Moon che reagisce come solo lui sa fare. Si dice che abbia incontrato dei fan fuori dal Cow Palace e che si sia fatto dare dei tranquillanti, buttandoli giù con una bottiglia di brandy.
Quando gli Who escono sul palco, Moon appare subito in condizioni precarie: non riesce a seguire le parti registrate di Quadrophenia, e su Won’t Get Fooled Again sviene e crolla sulla sua batteria. Dopo venti minuti ritorna per iniziare Magic Bus ma collassa definitivamente e viene portato via in ambulanza. Gli Who continuano il concerto e suonano See Me Feel Me senza batteria. Nel backstage c’è Artemus Pyle, il batterista dei Lynyrd Skynyrd che hanno aperto il concerto degli Who, ma dice di non poter salire sul palco perché non conosce le canzoni e allora Pete Townshend va al microfono e dice al pubblico: «C’è qualcuno che sa suonare la batteria?». Risponde Scot Halpin, un ragazzo di 19 anni dell’Iowa che si è appena trasferito in California, ha passato tredici ore in coda fuori dal Cow Palace con un amico per vedere gli Who ed è riuscito ad arrivare fine alle prime file. Scot alza la mano, e viene notato dal promoter degli Who, Bill Graham. «Ce la fai?» gli chiede. Scot risponde: «Sì certo» e si ritrova sul palco. Scot ha raccontato che sedersi dietro alla batteria degli Who al posto di Keith Moon è stata l’esperienza allo stesso tempo più esaltante e terrificante della sua vita.
Beve due sorsi di brandy, Pete Townshend si avvicina e gli dice: «Andrà tutto bene, ti guido io. Segui me». Suona senza problemi due cover di Howlin Wolf, Smokestack Lightning e Spoonful e un pezzo degli Who, Naked Eye. «Ha fatto un ottimo lavoro» dichiara Roger Daltrey.
Il suo concerto dura 30 minuti, saluta il pubblico facendo un inchino al centro del palco insieme alla band, festeggia con loro nel backstage e se ne va con una giacca originale del tour regalata da Pete Townshend.
Intervistato dalla rivista Rolling Stone, dice: «Gli Who vanno ad una velocità pazzesca. Ho fatto solo te canzoni e sono distrutto». Dopo quella esperienza, Scot Halpin ha una carriera nel mondo dell’arte: si laurea a San Francisco, lavora come compositore dell’Headlands Center for the Arts nella Bay Area, suona con varie band e gestisce insieme alla moglie un club punk rock chiamato The Roosvelt e poi come illustratore di libri per bambini. Muore a soli 54 anni, e Pete Townshend gli rende omaggio con una lettera che viene letta durante il suo funerale.
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